LE BUONE RAGIONI DEL Sì, LE RAGIONI DI TUTTI I RIFORMISTI

21.11.2016 10:25

Oggi , nel tempo oscuro dell’affermarsi globale dei populismi e della demagogia, in questo vero e proprio “ricorso” vichiano che ci avvicina pericolosamente ai primi anni del Secolo Breve, a quella critica distruttiva delle ragioni liberali e democratiche che partì con la Rivoluzione Conservatrice dei nazionalismi e dell’irrazionalismo volontaristico e che finì con l’affermazione planetaria del totalitarismo, occorre ribadire e propagandare, qui ed ora,  le  ragioni dell’impegno per un vero cambiamento, per un rilancio nazionale che non può che passare anche attraverso la modernizzazione della Carta costituzionale. Non si tratta, sia chiaro, di stravolgerne i principi fondamentali – la Riforma che andremo a votare il prossimo 4 dicembre non modifica gli articoli dedicati ai principi fondativi del nostro Stato repubblicano – ma di rendere più snello ed efficace il nostro parlamentarismo, di metterlo in pari con i sistemi – già aggiornati da anni – delle più importanti democrazie europee. Di c.d. modello Westminster potremmo, infatti, parlare;  di una forma di governo parlamentare del primo ministro attraverso il quale si supererà l’incapacità decisionale che da tempo affligge il nostro sistema politico istituzionale. 

Anche doverosamente ragionando dei “difetti” del testo riformato, occorre ben distinguere tra “difetti veri”, anche lessicali, insiti in qualsiasi atto normativo frutto di compromesso tra tante forze politiche (e quanti presenti anche nella costituzione del ’48, figlia dell’incontro/scontro tra le tre grandi tradizioni antifasciste), dai “finti difetti” che una oscena propaganda irresponsabile sta divulgando al solo fine di confondere gli elettori, per negare, di contro, i “pregi evidenti” di una riforma che mira, innanzitutto, a semplificare l’iter legislativo, a ricondurre competenze in capo allo Stato (dopo l’ubriacatura cripto secessionista originata dalla frettolosa riforma del titolo V nel 2001), a potenziare gli istituti di democrazia diretta (con la novità dei referendum propositivi e consultivi e dell’obbligo di discutere e votare i progetti di legge di iniziativa popolare). 

Possiamo ben dire che la nostra generazione ha un’occasione imperdibile di attualizzare le  istituzioni democratiche senza mutare forma di governo, attraverso puntuali correzioni tese a rafforzare la stabilità delle maggioranze ed allo stesso tempo a mettere un freno a quei veri e propri inciampi che, fino ad oggi, hanno costituito dei limiti al nostro sistema politico: dall’assurda “navetta” dei testi legislativi da una Camera ad un'altra fino all’abuso della decretazione d’urgenza in assenza di un iter preferenziale d’approvazione per i disegni di legge governativi (70 giorni prevede, finalmente, la costituzione riformata).

Ed in tal senso – nel senso, cioè, di un intervento chirurgico che non incide sul significato politico e culturale di una Carta che rimane fondata sui valori sociali dell’uguaglianza e del lavoro -  nulla cambia per quanto riguarda il sistema delle garanzie: i pesi e contrappesi del sistema sono confermati e semmai rafforzati da un più incisivo controllo della Corte Costituzionale che, addirittura, diviene controllo preventivo sulle leggi elettorali

Per quanto riguarda, poi, il rinnovato rapporto tra Stato e Regioni – un rapporto fondato sul principio di unità nazionale finalmente correlato anche ai servizi sociali offerti, agli standard minimi – spetterà, come sempre, alla Corte costituzionale dirimere - in ultima istanza – gli eventuali conflitti di competenza. In ogni caso, è bene sottolinearlo, stante la razionalizzazione apportata dal nuovo disegno normativo, le istanze alla Corte non potranno che ridursi notevolmente a fronte delle migliaia di ricorsi che sono stati prodotti dal 2001 ad oggi.

Una Riforma che, inoltre, tende a snellire la Burocrazia (abolizione del CNEL), a tagliare i costi della Politica (riduzione degli stipendi dei consiglieri regionali) e a tutelare le minoranze politiche con la previsione di uno statuto delle opposizioni. 

Spesso, nel corso di questa dura campagna referendaria che, purtroppo, ha visto troppo poche occasioni di volgarizzazione e semplificazione del messaggio riformatore, è stato chiesto da tanti cittadini di fornire chiare e rapide risposte a domande semplici …  senza propaganda, senza forzature. Ed ecco, allora, quelle che mi appaiono le possibili riposte a queste necessarie domande:

 

A cosa serve il referendum?

La Riforma oggetto di conferma referendaria incide sull’iter di formazione delle leggi che, attualmente, devono essere approvate dai due rami del Parlamento (cd. bicameralismo paritario) mentre con la vittoria del sì sarà la Camera dei Deputati ad approvare la maggior parte delle leggi, superando l’anacronistico meccanismo della “navetta” tra Camera e Senato. Inoltre, soltanto la Camera concederà la fiducia al Governo mentre il Senato svolgerà un’altra funzione, ovvero quella di camera di compensazione tra Stato e Regioni. Ancora, nella riforma è prevista una limitazione del ricorso ai decreti legge. Un po’ tutti i governi ne hanno abusato, con la giustificazione della necessità e dell’urgenza dei provvedimenti, mentre il nuovo testo costituzionale prevede un iter velocizzato per i disegni di legge governativi. Infine, tornano allo Stato una serie di competenze che sono centrali per “natura” come le «grandi reti» di trasporto e navigazione, il «trasporto nazionale» dell’energia, i porti e gli aeroporti, la tutela ambientale. 

 

Vengono mutati i valori fondamentali della Carta Costituzionale più bella del mondo?

No, assolutamente no. I principi fondamentali sono contenuti nei primi 12 articoli della Carta Costituzionale e non sono oggetto di modifica.

 

I ‘Padri Costituenti’ cosa ne penserebbero?

Sono stati loro stessi ad indicare la via per eventuali modifiche – l’art. 138 - consapevoli del fatto che un documento, per quanto bene possa essere scritto, non può essere “eterno” e prevedere tutte le necessità ed i problemi che si possono verificare nel tempo.

 

Gli altri Paesi modificano le loro Carte Costituzionali?

Si. In Germania, ad esempio, vengono fatti piccoli ritocchi quasi ogni anno. Riformare la Carta significa essenzialmente adeguarla alla realtà che cambia. Non è ragionevole che in Italia i fautori della conservazione la debbano considerare qualcosa di immutabile.

 

Cosa cambia nella struttura istituzionale del nostro Paese?

Non cambia né la forma di Stato, né la forma di Governo che continua ad essere di tipo “parlamentare” ossia vi è sempre una Camera di nostri rappresentanti che discute e vota le leggi e che concede la fiducia al Governo. Lo Stato diverrà più efficiente ed efficace, in quanto materie strategiche — tra le quali i trasporti e l’energia — torneranno alla competenza legislativa centrale per evitare frammentazioni, confusione e contenziosi.

 

La Riforma Costituzionale può portare ad un risparmio di spesa? Ad un ridimensionamento dei costi della politica?

Certamente. L’abolizione del bicameralismo paritario determina anche la riduzione del numero dei Senatori, che scendono a 100 (oggi sono 315) e fissa un tetto massimo delle indennità dei consiglieri Regionali. Con il sì alla Riforma, inoltre, le Province vengono definitivamente abolite e tutte le loro competenze ripartite tra Comuni, Città Metropolitane, Regioni e Stato. Viene infine eliminato il CNEL (consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro).

 

E’ vero che la Riforma aumenta la partecipazione dei cittadini alle decisioni che riguardano il Paese?

Vero. Aumentano gli strumenti per l’esercizio della democrazia diretta. Per quanto riguarda le leggi di iniziativa popolare viene introdotto l'obbligo di discussione e sono inoltre introdotti referendum popolari propositivi e d'indirizzo. 

 

Cosa succede se vince il NO?

Se dovesse vincere il NO si perderebbe un grande opportunità ossia la possibilità di “snellire” l’ordinario iter procedurale di formazione delle leggi ed il previsto iter agevolato per i disegni di legge governativi, legittimando il ricorso abnorme ai “decreti d’urgenza”. 

Attualmente, per intenderci, una proposta di legge incontra mediamente termini di approvazione maggiori di un anno. Riproporre, poi, una nuova Riforma ed un nuovo Referendum confermativo, in un quadro politico frammentato, richiederebbe tempi molto lunghi senza certezza di definizione.

 

Questa è una Riforma perfetta?

Come tutte le riforme, frutto del compromesso tra varie forze politiche, non è perfetta ma può, una volta approvatone l’impianto, essere sempre ritoccata e migliorata secondo le necessità delle generazioni che verranno, nell’ottica dell’efficienza.

 

Come si vota?

Si vota con “SI” se si è d’accordo con la Riforma Costituzionale, il “SI” approva tutte le modifiche proposte. 

 

ENZO MUSOLINO

GIURISTA, RICERCATORE IN METODOLOGIE DELLA FILOSOFIA

COORDINATORE DEL COMITATO BASTA UN Sì DI VILLA SAN GIOVANNI