Brucia Strega.....Brucia!!!
BRUCIA STREGA..BRUCIA!!!
Con immenso piacere ed interesse, ho da poco tempo ultimato la visione di una serie tv che ha trattato un'argomentazione a me molto cara e che da anni è stata (e continua ad oggi ad esserlo) centro e fulcro dei miei studi e ricerche: la Stregoneria! Tema che nel corso dei secoli è stato trattato e ritrattato, bistrattato, spesso sconvolto nella sua essenza, male interpretato e mal considerato, perchè è sempre più facile criticare e presentare indegnamente cio' che non si conosce, piuttosto che dare una presentazione scientifica e storica di un argomento e donargli appunto la dignità che gli spetta.
La serie televisiva di cui ho accennato, è ambientata nell'antica Salem del XVII secolo, uno scorcio temporale in cui si determino' in modo terrificante e feroce la lotta tra puritani e streghe. Un secolo quello in cui echeggiavano ancora in maniera forte e scomposta le urla di tutti coloro che avevano visto le fiamme della "Sacra" Inquizione, ed in cui si continuava ad uccidere in nome di un Dio costruito ad hoc dai dettami di una Chiesa che non voleva contraddizioni, se non quelle che presiedevano al suo interno. Prendo dunque come spunto di riflessione la visione recente di questa splendida ricostruzione cinematografica, che ha quadri storici precisi, ricostruzioni ambientali e costumistiche fantastiche, per ricondurre l'argomentazione a fatti ed esperienze del nostro Sud Italia, anche della nostra Calabria, che hanno segnato la sua storia e dato un'impronta particolare alle sue tradizioni e al loro corso.
Quel sud dell’Italia, quella terra da sempre schiacciata tra l’acqua salata e l’acqua santa, dove le sue genti hanno sempre camminato sull’orlo di due mondi: uno reale costituito dal duro lavoro della terra e del mare, un secondo mondo irreale fatto di usi, costumi, tutte credenze spesso costituite da retaggi ancestrali lasciati in eredità delle diverse culture e dominazioni che si sono succedute e che hanno creato una cortina, una nube antropologica che ancora oggi avvolge il sud risultando anche difficile da diradare. Il fenomeno della stregoneria ha visto un notevole sviluppo ma anche la sua fine, paradossalmente nel sud, proprio in Calabria.
Tale fenomeno interesso' in realtà tutta l’Europa, attraversandola da nord a sud lasciando dietro di se solo roghi e vittime, oltrepassò il mediterraneo approdando nei vicini Balcani ad est e a sud in Africa dove nei paesi del Maghreb è tuttora praticata.
Nell’Italia meridionale, la stregoneria vede un particolare radicamento in Campania e nello specifico nella città di Benevento. L’origine è da ricercare durante il Medioevo; sembra che essa si sia sviluppata durante la dominazione longobarda nel ducato di Benevento appunto.
I Longobardi pur convertendosi al cristianesimo non lasciarono mai del tutto le loro credenze pagane, in particolare la venerazione degli alberi; pare che avessero particolarmente in auge un rito propiziatorio per i propri guerrieri che evocava un dio chiamato Wotan (Odino).
Il rito consisteva nel lanciare i cavalieri al galoppo, girare intorno ad un albero di noce e colpire con le lance una pelle di un caprone appesa, staccarne dei pezzi per poi mangiarli.
Ma torniamo alle credenze che si sono costruite intorno alle streghe. Nel beneventano la strega prende il nome di “janara”, l’origine di tale nome è controversa, sembra che possa derivare da “dianara”, cioè sacerdotessa di Diana, oppure da “ianua” che in latino significa porta. L’attinenza con la porta sta nel fatto che la “janara” fosse molto abile a introdursi nelle case per rapire i neonati.
Dobbiamo premettere che una delle caratteristiche delle streghe era la curiosità; per evitare dunque il suo ingresso in casa, si ponevano scope di saggina o sacchetti con grani di sale, in modo che la “janara” presa appunto dalla curiosità, si mettesse a contare i fili della scopa o i granelli di sale, senza poter venire a capo del conto. L’alba sopraggiungeva e la “janara” era costretta così a scappare per non farsi riconoscere e prendere. Un’altra leggenda racconta che nelle notti di plenilunio la strega si spargeva un unguento magico sotto le ascelle e pronunciando la formula "con la pioggia o con il vento portami sotto il noce di Benevento"si lanciava dalla finestra e volando arrivava all’albero di noce, dove si festeggiavano i sabba in cui erano presenti altre streghe e un caprone. Anche nel resto del meridione la credenza della strega era molto radicata, erano presenti in tutte le regioni ma con i nomi diversi: Fattucchiara in Basilicata, Animulari in Sicilia, Magare in Calabria, Mascia nel nord della Puglia, dove prendeva anche i nomi Malumbra e Sciara nella parte meridionale. Secondo la credenza popolare esse si distinguevano per una spiccata cattiveria, astuzia, erano crudeli interpreti di fatture che potevano arrivare sino all’eliminazione fisica della vittima prescelta; vivevano sole, avevano un brutto carattere e per questo motivo erano spesso emarginate.
Vivevano in segreto tra le persone, si confondevano tra le ragazze e le anziane del paese, quindi nulla lasciava credere che avessero una seconda identità; l’unica cosa a tradirle era la crescita di un ciuffo di peli neri intorno al capezzolo in una notte particolare dell’anno, detta appunto la notte delle streghe nel mese di novembre. Oppure una vescica che fuoriusciva da una qualsiasi parte del corpo e che serviva a cibare gli animali prescelti e che loro usavano come intermediari ed emissari per le loro azioni malefiche;essi potevano essere indistantamente un ragno, un topo, una civetta, una serpe, un gatto e venivano denominati famigli delle streghe.
La classica iconografia sulle streghe vede queste donne volare a cavallo di una scopa. È una tradizione che risale perfino all'epoca precristiana ed è presente negli atti processuali per stregoneria dei secoli XVI e XVII.
Sono poi viste con un mantello nero, che però non possiede una funzione specifica, a differenza del calderone che invece è strumento indispensabile per produrre incantesimi e malefici. Le erbe si rivelano un ingrediente importante: raccolte durante la luna calante erano usate per i malefici, durante la luna piena erano invece per riti benefici. Bottiglie di vetro e orci servivano per contenere i filtri magici, in cui venivano infilati capelli, pezzi di unghie e stoffa trafitta da spilli. Si parla anche di una ghirlanda delle streghe, che consiste in un pezzo di corda a cui sono attaccate penne di oca, corvo e cornacchia e usata per lanciare il malocchio. Nell'antichità si definirono anche con il termine di Madri, soprattutto nel sud Italia: nel folclore calabrese e non solo, le madri sono streghe brutte, orribili, che hanno occhi gialli e pupille ovali (elemento caratteristico del gatto,che poi era anche un animale che le rappresentava insieme alla civetta). Fra i riti della Chiesa cattolica relativi alle sue celebrazioni liturgiche, non mancarono i momenti in cui il mondo popolare si appropriò di un intero apparato di simboli, utilizzandolo per esprimere antiche esigenze vicine alla vita del popolo; i tempi della natura, i cicli agrari legati alla semina e al raccolto, il ripetersi delle stagioni, gli equilibri cosmici di solstizi ed equinozi, lo svolgersi della vita degli individui, dalla nascita alla morte, presero nei secoli nuove forme e nuovi linguaggi attraverso la religione cristiana, impregnandola però al contempo di profumi pagani. La cultura del popolo calabrese, alimentata dal pensiero greco, ma nutrita dall’attaccamento alla terra dei gruppi indigeni, raggiunta da sollecitazioni diverse portate da etnie nuove, percorsa da intellettuali isolati, ma pieni di carisma, sembra essere fatta tutt'ora da continue opposizioni che si fronteggiano per poi ricongiungersi magicamente. Ancora oggi non è difficile intravedere l'uso di alcuni strumenti tipici del bagaglio pagano in parecchie abitazioni del panorama calabrese, sia in cittadine sviluppatesi presso le costa (in particolare quella jonica) che in paesi più limitrofi, dove il retaggio degli antichi costumi non si è mai completamente dissolto. La consuetudine ad esempio di accendere delle Candele di colore appropriato o di creare delle corone con fasci d'erba, o collane di aglio, è propriamente pagana. Le candele infatti erano uno degli strumenti utili alle streghe, durante i sabba, unitamente a un cerchio magico tracciato in terra, che serviva sia a unificare il potere delle streghe che ad aumentarlo. Percio' non crediamo che tutto sia stato cancellato ed annientato, il passato non muore mai, anzi ritorna e per chi ha gli occhi puri e liberi da contaminazioni, potrà intravedere in una casetta isolata, avvolta da una gola di verzura, l'abitazione di una strega dei boschi che ama proteggere dignitosamente la propria vita e con rispetto la Natura che la circonda; d'altronde ... "Le Streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle!!!..."
Tiziana Romeo